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Scioglimento della società per perdite e termini per la delibera di ricapitalizzazione

Non esiste un termine decadenziale per la ricapiitalizzazione della società o la trasformazione in società di persone. La reintegrazione del capitale fa venire meno "ex tunc" lo scioglimento della società (ex art. 2484 c. 1 n. 4 c.c.). Non è, quindi, possibile ritenere l'amministratore responsabile per illecita prosecuzione dell'attività sociale, ai sensi degli artt. 2485 e 2486 c.c. Segnaliamo l'interessante sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 15 giugno 2023 n. 17139) che è intervenuta su un tema particolarmente delicato in caso di crisi d'impresa (anche temporanea). In particolare, con riferimento alla responsabilità per l'amministratore di una società in un caso di scioglimento della società per perdita del capitale sociale e sua riduzione al di sotto del minimo di legge. A tale proposito, la Corte ha ribadito innanzitutto che lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o dalla trasformazione della società ai sensi dell'art. 2447 c.c., in quanto, con il verificarsi dell'anzidetta condizione risolutiva, viene meno ex tunc lo scioglimento della società. Di interesse risulta però il fatto, come evidenziato dai giudici, che manchi, nell'ordinamento, un termine oltre il quale è precluso all'assemblea di deliberare a norma dell'art. 2482-ter c.c..


La locuzione "senza indugio", infatti, vale solo a connotare in termini di urgenza il dovere di informazione gravante sull'amministratore (urgenza peraltro già implicita nell'esistenza di una perdita eccedente il terzo del capitale sociale) e, quindi, a fissare un preciso aspetto di responsabilità nei confronti della società che potrebbe essere seriamente pregiudicata dal ritardo nella convocazione dell'assemblea. La legge non pone, quindi, un termine decadenziale e il mancato rispetto della sollecitudine che la norma impone agli amministratori per la convocazione dell'assemblea non preclude all'assemblea stessa di adottare, con effetto ex tunc, come avvenuto nella specie, le delibere di ripianamento delle perdite in modo da ricostituire il capitale quanto meno al limite legale. Dunque, se il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale fa venire meno ex tunc lo scioglimento della società ex art. 2484 c. 1 n. 4 c.c., per i giudici di legittimità non è neppure possibile, in questa ipotesi, ascrivere alcuna responsabilità all'amministratore ai fini dell'accoglimento dell'azione proposta ex art. 2393 c.c. per illecita prosecuzione dell'attività sociale e violazione delle norme che impongono, al verificarsi di una causa di scioglimento, una gestione tesa solo alla conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale (ai sensi degli artt. 2485 e 2486 c.c.). Resta fermo, per la Suprema Corte, che la mancanza di sollecitudine nella convocazione dell'assemblea può costituire, ove dedotta in giudizio, causa di responsabilità degli amministratori nei confronti della società stessa.

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